Il settore della pesca, nell’immaginario collettivo, è concepito come un’attività esercitata in un contesto di totale sprezzo delle regole, se non addirittura nella più assoluta illegalità.
Non sempre il mondo dell’informazione percepisce tutta la complessità del mestiere del pescatore e le difficoltà che caratterizzano l’attività d’impresa.
Cominciamo col dire che si parla di un settore a un passo dal chiudere i battenti perché, quando le regole sono totalmente folli, è davvero complicato poterle rispettarle e, nel contempo, riuscire a sfamare le proprie famiglie. Per fare un esempio: se l’Unione Europea riduce al di sotto della soglia di economicità aziendale le giornate di pesca nell’arco dell’anno solare, chi vive della cattura delle specie ittiche nel Mediterraneo che alternative ha? E ancora: se l’istituzione europea, miope e ubriaca di celato iper- ambientalismo, obbliga i pescatori comunitari ad osservare un lungo periodo di inattività mentre le marinerie dei paesi dirimpettai extra-ue pescano liberamente tutto l’anno, sottraendo la produzione alle imprese ittiche italiane, costrette alla fame per il mancato guadagno, che alternativa ha il pescatore? Puntare il dito è come sparare sulla Croce rossa.
Le innumerevoli ed incomprensibili costrizioni introdotte negli ultimi trent’anni dai burocrati comunitari hanno l’evidente ed ineluttabile conseguenza di aver ridimensionato il settore fino a ridurlo ai minimi termini, sia sotto il punto di vista produttivo che sotto quello dell’occupazione, con un inevitabile impoverimento culturale oltre che di ricchezza delle marinerie coinvolte. Non sarebbe stato più corretto decidere di chiudere il settore e fare strada ai percorsi di ricollocazione dei pescatori ad altra attività sostenendoli economicamente, nel rispetto della tanto sbandierata sostenibilità sociale?
Anche l’informazione non è assolutamente di aiuto al settore della pesca, ormai alla deriva e vessato da decenni.
Il commento di un quotidiano nazionale della notizia dell’operazione antimafia condotta a Mazara del Vallo, dove insiste la storica marineria mediterranea, famosa per la pesca d’altura, che ha portato all’arresto di 17 persone, è opinabile ed intriso di luoghi comuni che contribuiscono a dipingere il settore ittico come criminale. Fare di tutta l’erba un fascio è pericoloso, ingiusto e mortificante per un settore operoso e perbene che fonda sul sacrificio e sull’abnegazione le fortune della pesca, a Mazara del Vallo come altrove. Ribadiamo un settore in crisi per cause legate alla globalizzazione, alle nuove regole del mercato, ai costi energetici alle stelle ed alle scelte politiche fallimentari dell’Unione europea e dello stato italiano e non di certo perchè preda del malaffare. I fatti narrati da certa informazione e le accuse non rispecchiano la realtà, perché pochi criminali, che vanno senza ombra di dubbio assicurati alle patrie galere, non rappresentano un settore caratterizzato dal lavoro di onesti imprenditori ittici e di pescatori, veri eroi e sentinelle ambientali del Mediterraneo.
Peraltro, va detto a chiare lettere che il settore della pesca, con fatti alla mano, è tra i più controllati da sempre.
Collegare il settore della pesca alla malavita e al malaffare è uno schiaffo al lavoro faticoso ed onesto dei tanti pescatori che faticano ogni giorno sui pescherecci. La pesca mazarese è afflitta da numerose problematiche completamente estranee a questi argomenti e contestiamo fermamente ogni forma di criminalizzazione.
Del resto, e questa non è certamente un’affermazione che giustifica o normalizza la questione, non esistono settori dell’economia siciliana che, in una qualche maniera, non siano interessati dai poteri economici criminali mafiosi. E allora dovremmo definire la Sicilia una terra di mafiosi? Attenzione all’uso improprio delle parole e alle generalizzazioni! Quello siciliano è un popolo orgoglioso, rispettoso delle leggi, che ha pagato un prezzo carissimo in termini di vite umane il contrasto alla mafia.
A riprova dell’affermazione secondo la quale il settore della pesca è oltremodo controllato, citiamo l’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento sul controllo (Reg.CE n.1224/2009), secondo cui gli Stati membri obbligano i comandanti delle navi da pesca ad utilizzare un sistema di controllo dei pescherecci via satellite al fine di sorvegliare efficacemente le attività di pesca esercitate dai loro pescherecci ovunque si trovino, nonché le attività di pesca esercitate nelle acque nazionali. Perciò i controlli delle autorità preposte sono continui e integerrimi.
Per ricordare quanto faticoso ed usurante sia il mestiere del pescatore, vogliamo ricordare la scia di morti che la “Guerra del Pesce” ha fatto registrare in oltre settant’anni.
Qualche criminale non può offuscare il senso civico di un’intera comunità. Chi lo fa o lo lascia intendere non assicura un’ informazione corretta al lettore, commette un errore che generalizza grossolanamente, mortificando gratuitamente una comunità ricca ormai abbandonato al suo destino anche dalla classe politica.
È in atto una politica sotto gli occhi di tutti e che nessuno vuole aprire per vedere la verità,di indebolimento se non addirittura il fallimento dell Europa e di tutte le economie locali in tutti i suoi settori a vantaggio dei vari potenti che vogliono governare rendendo schiava l l’umanità .Vedi l l’attività della pesca ,dell agricoltura pastorizia e di ogni altra attività .Svegliamoci da questo falso benessere che ci rende schiavi.