Una richiesta di arresto avanzata dalla Procura di Palermo ma la decisione finale spetta al giudice per le indagini preliminari, solo dopo aver ascoltato le testimonianze di medici, funzionari e imprenditori coinvolti nel caso, (secondo la nuova riforma Nordio) stabilirà se vi siano le condizioni per disporre la custodia cautelare in carcere.
L’inchiesta riguarda il settore sanitario palermitano e procede fin dal 2022 nel riserbo più assoluto. Adesso, però, si è giunti a una fase cruciale, con la richiesta di misure cautelari per i soggetti coinvolti. Le accuse ipotizzate sono di corruzione e turbativa d’asta.
Tra gli indagati principali figurano quattro persone: un chirurgo vascolare dell’ospedale Civico, un cardiologo ed emodinamista di Villa Sofia-Cervello, un funzionario dell’ospedale Civico e un imprenditore palermitano specializzato nella fornitura di dispositivi medici.
L’indagine, ancora coperta dal segreto istruttorio, ruoterebbe attorno a presunti episodi di corruzione finalizzati a favorire la vendita di dispositivi sanitari salvavita (stent). Data la specificità dei dispositivi gli ospedali devono sempre averne a disposizione e pronti all’utilizzo. Secondo l’accusa, il patto tra i suddetti soggetti coinvolti prevedeva che alcuni medici scegliessero gli stent forniti da un’azienda compiacente, ed escludendo quindi le altre concorrenti, garantendo così un maggior guadagno all’imprenditore. In cambio, i professionisti avrebbero ricevuto regali e somme di denaro. Le intercettazioni avrebbero rivelato anche almeno due episodi in cui sarebbero stati consegnati mille euro.
L’inchiesta si estende anche alla presunta alterazione delle gare d’appalto per la fornitura di materiale sanitario, procedure che riguardano più strutture ospedaliere. Le aziende vincitrici di tali gare devono garantire la disponibilità immediata dei prodotti richiesti. Secondo gli inquirenti, questo meccanismo sarebbe stato manipolato grazie all’intervento del funzionario coinvolto.
Ora i quattro principali indagati si presenteranno davanti al Gip per fornire la propria versione e contestare le accuse della Procura. Sarà il giudice a stabilire se le spiegazioni fornite siano sufficienti a escludere il rischio di custodia cautelare. Qualora la loro difesa non risultasse convincente, gli indagati potrebbero finire in carcere.
Roberto Rubino