Negli ultimi mesi anche in Sicilia ci stiamo trovando dinanzi la realizzazione di piste ciclabili in vari comuni al di fuori dei grandi centri urbani. Un percorso avviato anni fa ormai in Europa che ha portato nel 2023 ad una risoluzione in tema di ciclabilità, adottata a febbraio del 2023 dal Parlamento Europeo con l’obiettivo di stimolare la Commissione Europea a sviluppare una European Cycling Strategy finalizzata a raddoppiare i km percorsi in bicicletta in ogni Stato membro entro il 2030.
La strategia europea affronta la questione non soltanto dal punto di vista della realizzazione di nuove infrastrutture ma, in 17 punti, una visione globale e sostenibile che parte dalla implementazione di una industria legata alla bicicletta passando per una sensibilizzazione e formazione dei cittadini fino alla promozione dell’uso della bici come mezzo di trasporto principale nell’Europa del futuro.
Già nelle “agende urbane” e nei piani Asse 4 Azione 4.6.4 del PO FESR Sicilia 2014/2020 sono stati previsti investimenti in questa direzione ed il PNRR ha stanziato un totale di 600 milioni di euro in favore di Comuni ed enti territoriali per la realizzazione di piste ciclabili turistiche e urbane i cui fondi, che per il 50% vengono assegnati ai territori del Sud, sono destinati alla realizzazione, entro giugno 2026, di 1.235 chilometri aggiuntivi di ciclovie turistiche.
Un recente studio contenuto nel dossier Non è un Paese per bici, redatto da Clean Cities, Fiab, Kyoto Club e Legambiente stima che alle città italiane servono 16.000 km di ciclabili in più (rispetto al 2020), per un totale di 21.000 km al 2030, per colmare il gap con il resto d’Europa.
I vantaggi socio economici del maggior uso della bicicletta sono ormai indiscussi a livello globale ed a tutti livelli riconosciuti, in un mondo che, dagli anni ’60, ha basato tutto sull’industria automotive e sull’auto che, da mezzo di trasporto, diviene molto più uno status sociale. Ma se è stato possibile immaginare infrastrutture viarie extraurbane tarate sulle auto, i centri urbani si sono visti riempire sempre più di auto senza una reale possibilità di intervento infrastrutturale in viabilità concepite in epoche che sembrano preistoriche rispetto alle esigenze moderne. Auto che diventano sempre più numerose, sempre più ingombranti, sempre più impattanti e sempre più irrinunciabili nella cultura dei cittadini dove a fronte di investimenti massicci negli ultimi decenni nel promuovere e sostenere l’industria dell’automobile non sono seguiti investimenti equivalenti nell’adeguamento dei centri urbani alla crescente richiesta di qualità dell’aria, parcheggi, viabilità e manutenzione delle infrastrutture.
In questa ottica, la linea di azione Europea appare oggi pienamente condivisibile anche alla luce delle scelte effettuate sulle politiche industriali dell’automotive, locomotiva industriale europea del secolo scorso, che oggi vede la conquista di quote sempre maggiori di mercato da parte dei paesi orientali: l’auto diviene quasi uno “strumento finanziario” prima che un bene da possedere, i cui costi crescono continuamente rendendo di difficile accesso alla popolazione l’acquisto di veicoli senza ricorrere a formule finanziarie, quasi ad immaginare un nuovo futuro dove l’automobile non sia più un bene di proprietà da ostentare ma un servizio da godere e dove la mobilità dolce a due ruote diviene tassello fondamentale di un nuovo sistema di mobilità davvero sostenibile.
Dotare le città di nuovi km di piste ciclabili insieme a politiche volte a disincentivare l’utilizzo dell’auto come mezzo primario per ogni spostamento potrà contribuire a rendere più vivibili le città, a riguadagnare spazi oggi occupati da auto in sosta e strade ormai troppo strette per ospitarle, nonché più attrattive da un punto di vista turistico in quanto lo spostamento “dolce” permette un maggior contatto con i luoghi, le persone ed i paesaggi della meta prescelta, contribuendo ad instaurare un più forte legame tra il turista e la città.
Giacomo D’Annibale