Dal punto di vista tecnico, In Italia, la legge di riferimento per la realizzazione di percorsi ciclabili urbani è la legge del 28/06/1991 n. 208 che contiene “Interventi per la realizzazione di itinerari ciclabili e pedonali nelle aree urbane” e dalle norme CNR, nonché il d.m. 557 del 1999 contenente il “Regolamento recante norme per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili”.
Le piste ciclabili, quindi, non sono realizzate secondo “capricci” di amministratori locali o folli visionari ambientalisti, bensì secondo criteri progettuali ben precisi cui i tecnici devono attenersi.
In linea generale La pista ciclabile è definita come “parte longitudinale della strada, opportunamente delimitata, riservata alla circolazione dei velocipedi” ed è distinta in tre tipologie:
a) sede propria: ad unico o doppio senso di marcia, qualora la sua sede sia fisicamente separata da quella relativa ai veicoli a motore ed ai pedoni, attraverso idonei spartitraffico longitudinali fisicamente invalicabili (TIPO A);
b) corsia riservata ricavata dalla carreggiata stradale, ad unico senso di marcia, concorde a quello della contigua corsia destinata ai veicoli a motore ed ubicata di norma in destra rispetto a quest’ultima corsia, qualora l’elemento di separazione sia costituito essenzialmente da striscia di delimitazione longitudinale o da delimitatori di corsia (TIPO B);
c) su corsia riservata ricavata dal marciapiede, ad unico o doppio senso di marcia, qualora l’ampiezza ne consenta la realizzazione senza pregiudizio per la circolazione dei pedoni e sia ubicata sul lato adiacente alla carreggiata stradale (TIPO C).
Le norme tecniche forniscono precise indicazioni su dimensioni delle corsie, del tipo di segnaletica, della dimensione dei cordoli di delimitazione, pendenze o anche angoli di curvatura, ad esempio, che consentono al progettista la contestualizzazione dei percorsi negli ambiti urbani e/o extraurbani.
In fase di progettazione, quindi, proprio questa contestualizzazione deve tenere conto dell’impatto sulla viabilità e sulla reale fruibilità dell’opera. Se da un lato le piste in “sede propria”, obbligatorie nel caso di doppio senso di marcia della pista, garantisce elevati standard di sicurezza per i ciclisti, dall’altro gli alti costi di realizzazione nonché la creazione di un percorso abbastanza obbligato e che implica l’attraversamento della sede stradale per chi deve procedere con la bici per raggiungere la corsia dedicata e gli alti costi di costruzione le rendono di solito meno appetibili, se non in vie principali che si prestano ad un utilizzo sia urbano che panoramico/turistico.
Ovviamente occorre guardare alla progettazione non soltanto dal punto di vista dell’automobilista ma anche e soprattutto di pedoni e ciclisti in quanto la nuova infrastruttura porterà inevitabilmente un cambiamento nelle abitudini dei cittadini, così come avvenuto nel recente passato con l’istituzione di sempre più numerose Zone a Traffico Limitato (Z.T.L.) che hanno riportato la vita in aree urbane non senza iniziali resistenze da parte della popolazione che culturalmente è restia ai cambiamenti che deve metabolizzare prima di apprezzare.
E’ bene precisare che il codice della strada preveda l’obbligo di utilizzo della pista ciclabile ove questa sia disponibile mentre in tutti gli altri casi le biciclette potranno utilizzare le normali corsie stradali nel rispetto delle norme di circolazione.
Giacomo D’Annibale